- La lezione sui viaggi temporali è stata spostata a ieri. - (SignorDarsi, Twitter)
Questo non è un articolo tradizionale, questo articolo forse andrà a scomodare qualche paradosso Sci-Fi di fine anni '80, ma è proprio lì che in realtà siamo diretti.
Questo articolo, ha un solo scopo e una sola funzione, donarti uno strumento comodo, sicuro e veloce, per farti viaggiare indietro nel tempo.
Questo strumento è facile da utilizzare, è alla portata di chiunque e ti si spiegherà per filo e per segno come poter viaggiare venti o trent'anni indietro nel tempo, deciderai tu l'epoca.
Alla fine dell'articolo constaterai anche tu la portata rivoluzionaria non tanto della "scoperta", ma del principio alla base del viaggio nel tempo.
Credimi ne vale la pena.
Così come è certo che tu sia perfettamente in grado di applicare questo strumento, concorderai alla fine dell'articolo che sarebbe vantaggioso per te, trascorrere tre giorni negli anni '90 .
La soluzione a questo enigma è di una semplicità estrema e tuttavia nonostante ne riconoscerai i vantaggi, deciderai con un po' di amaro in bocca di non utilizzarla, giustificandoti col dire che "potrai farlo quando ti andrà".
di cosa si tratta? Facciamo un po' di chiarezza.
Che cos'è il presente?
(tratto da un articolo del 12 aprile 2014 di Annalisa Arci)
Quando si parla di passato, presente, futuro si indicano qualità che enti, eventi e processi possiedono in modo provvisorio. Quando invece si usano determinazioni come prima, poi, precedentemente, successivamente, 24 aprile 2011, si denotano caratteristiche che enti, eventi e processi possiedono stabilmente: a differenza delle prime, nessuna di queste può mutare o può venir meno nel corso del tempo. Di fronte a queste due categorie, i teorici del tempo statico sono convinti che costituiscano delle illusioni e che il tempo reale sia una struttura immutabile di successione del prima e del poi, mentre i teorici del tempo dinamico ritengono che passato, presente e futuro esistano realmente – e non solo nella mente umana. È intuitivo che la tesi più favorevole alla possibilità di viaggiare nel tempo è quella statica, che presuppone una linea stabile nella successione degli eventi.
In base a queste nozioni, si può facilmente ipotizzare che anche termini come passato, presente e futuro, siano qualità attribuibili al nostro speciale, personale, particolare e unico continuum spazio-temporale.
Il tempo personale segue una linea di eventi divergente rispetto a quella del tempo pubblico: ma cos’è allora il tempo personale? E soprattutto: cos’è realmente il presente? Tradizionalmente considerato come uno dei problemi più spinosi – basti pensare alle difficoltà che il concetto di “relatività della simultaneità” solleva – il presente sembra sfuggire: appena si cerca di catturarlo è già diventato passato. L’istante presente è qualcosa attraverso cui noi ci situiamo nel tempo oppure è quella cosa attraverso cui il tempo si dà a noi?
Carlo Rovelli, nel suo L’ordine del tempo (Adelphi, 2017), invita a riflettere quanto il tempo sia un mistero per tutti, anche per i fisici, che hanno visto il tempo trasformarsi in modo radicale, da Newton a Einstein, alla meccanica quantistica, infine alle teorie sulla gravità a loop.
Si è sempre pensato che lo scorrere della realtà sia un successione puntiforme di eventi ordinati cronologicamente dal passato attraverso il presente verso il futuro. Questa struttura si è sgretolata nel momento stesso in cui è avanzato il progresso tecnologico, sconvolgendo la nostra concezione di tempo.
Al giorno d'oggi tanto velocemente cambiano gli algoritmi dei Social Media tanto velocemente adattiamo il nostro stile di vita al tempo.
Internet ha fatto in modo poter ottimizzare tutto: in 10 secondi leggiamo più o meno 2 post su facebook, in 36 secondi prenotiamo un volo andata e ritorno per Barcellona al minor costo possibile, in 29 secondi acquistiamo una cena per due vista mare, in 35 secondi raggiungiamo oltre 100 amici con la pubblicazione di un post che dice: “Barcellona sto arrivando!”.
L’era digitale ha fatto in modo di rivoluzionare la nostra idea Socio-culturale di tempo, a questo proposito Philip Zimbardo, professore di psicologia a Stanford e autore del saggio divulgativo The Time Paradox afferma che «la tecnologia ha creato una specie di ossessione rispetto al tempo, un’ossessione di breve respiro, legata all’immediato presente e al futuro più prossimo». Il risultato, secondo Zimbardo, è che per quanto oggettivamente più precisa, la nostra percezione soggettiva del tempo si è accelerata: «Il nostro “fuso orario” individuale può essere modificato dalla tecnologia perché essa accelera il nostro orologio interno rendendoci impazienti rispetto a tutto ciò che richiede più di pochi secondi per essere ottenuto».
Per applicare uno dei concetti base della teoria della realitività, questa rivoluzione socio-culturale del tempo, ci ha messo nelle condizioni di accelerare qualsiasi processo e non solo, ogni processo è spasmodicamente condizionato dalle modalità che utilizziamo in rete, (hai mai detto: "Ci aggiorniamo più tardi? Mi daresti il tuo contatto? Mi interfaccio con lui/lei?...e tanti altri termini tipici del linguaggio corporate)
Nonostante l'utilizzo di certi termini sia nel nostro lessico più comune, essi appartengono a concetti e a idee ben radicate nella nostra introiezione dell'immagine socio-culturale percepita, in altre parole, le usiamo perchè le abbiamo sentite usare e perchè se le riutilizziamo verranno ben comprese e daranno un tocco professionale al discorso.
Questa è la vera rivoluzione, le tue modalità relazionali e percettive sono stato lentamente deformate affinchè il modo di reagire al mondo esterno sia attraverso un approccio informatico.
Tu sei il tuo smartphone.
Vi è un rapporto di simbiosi con lo smartphone, questo oggetto rappresenta il corrispettivo del "Daimon" mitologico, un famiglio, un'estensione di sè connessa da fili invisibili al proprio animo. Forse l'unico luogo sicuro dagli imput digitali è mentre si dorme (per ora), ma non appena la vita si risveglia, il primo e assoluto pensiero è riconnettersi alla rete, con l'illusione che nel momento in cui lo smartphone giaccia inerte sul tavolo o sul comodino ci si possa godere un pizzico di realtà.
Niente di più errato, poichè al nostro risveglio, si connette direttamente il nostro cervello alla rete, usando il device come hotspot.
Questo è il punto. Il nostro cervello è connesso alla rete, tutte le nostre sensazioni, emozioni, azioni, pensieri e relazioni sono sempre costantemente su Internet, anche quando non si condivide, anche quando come guardoni silenziosi si scorrono le pagine dei social senza alcun commento.
Uno scenario apocalittico, che stringe lo sguardo forse solo alla più bramosa astinenza: Chiunque abbia un device connesso a Internet appartiene a una delle tante forme di Dipendenza da "sostanza informatica".
"No io no, potrei in qualunque momento non usare lo smartphone, potrei stare giorni senza, Io sono stato sei giorni ad Amsterdam e non ho mai utilizzato il telefono (se non qualche volta la sera)"
Sono convinto che sia così, così come potrei esserne sicuro rispetto all'astinenza di qualsiasi tossicodipendenza.
Apnea digitale
O forse sarebbe meglio chiamarla vacanza digitale, se non fosse per il senso di isolamento, di soffocamento, di ansia, di preoccupazione, di irascibilità, di frustrazione che verrebbero a costituirsi all'attuazione di un vero e significativo distacco dallo smartphone.
Non si parla di una leggera modalità aereo per tre ore alla mattina, si parla di spegnere lo smartphone, riporlo in un cassetto e trascorrere tre giorni in apnea.
Contro: 1.Non sarai reperibile da nessuno, a meno che non ti si chiami (in pochi lo faranno)
2.Le conversazioni sui gruppi procederanno, verranno impostati appuntamenti e creati eventi, ai quali probabilmente non parteciperai.
3. Sentirai un profondo senso di frustrazione che intaccherà anche il fisico, ti sentirai strano e diverso, solo, più in ansia.
4. Ci sarà un vuoto incolmabile che difficilmente saprai colmare.
5. Commetterai azioni tipiche della cultura digitale, come prendere in continuazione il telefono, toccarti la tasca o la borsa per sentirne la presenza/mancanza
Pro: Vivrai una vacanza all'interno della tua cultura, una vera e propria vacanza che però si avvale degli strumenti pre-digitali: Niente casse audio bluetooth ci sarà solo lo stereo o i cd, Niente navigatori, dovrai fare attenzione alla strada, niente messaggi vocali, dovrai chiamare con un telefono analogico, niente messaggistica superficiale, solo messaggistica rilevante e sintetica e soprattutto niente foto e video di nessun tipo.
Sarai negli anni '90, riassaporerai il loro tipico gusto Vintage, quando Internet ancora non si era fuso e confuso con le nostre abitudini socio-culturali, per chattare con gli amici userai Facebook solo da casa, quando sarai alla guida sarai più attento, il solo fatto di non avere lo smartphone con te ti renderà più concentrato su ogni cosa tu stia facendo.
Vivrai in un mondo parallelo in cui le persone che incontrerai saranno a testa china sul loro dispositivo, mentre tu ti ergerai a testa alta godendoti il paesaggio, fiero di aver raggiunto la disintossicazione digitale, di averlo fatto davvero.
Questa potrebbe essere l'esperienza sensoriale più immersiva e realistica che chiunque abbia vissuto da tempo, se e solo se, accetterai la sfida di astenerti completamente dal tuo smartphone
per 3 giorni.
Accetterai l'invito?
Capisco qualora decidessi di non farlo, ma ora potresti comprendere quanto questa dipendenza sia vascolarmente intricata nel tuo modo di rapportarti alla realtà.
Dott. Valerio Imondi - Psicologo Clinico e Digitale
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