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Immagine del redattoreValerio Imondi

A scuola di emozioni: signora Rabbia






“ L’emozione non ha voce, e mi manca un po’ il respiro se ci sei c’è troppa luce. La mia anima si spande come musica d’estate. Poi la voglia sai mi prende…” cit. A. Celentano


L’EMOZIONE : SIGNORA RABBIA

Negli ultimi tempi si sente spesso parlare delle emozioni e del grande ingresso nel mondo della scuola come materia didattica atta a sensibilizzare il Bambino all’alfabetizzazione emozionale. Ma cosa vuol dire ciò e perché questa nuova esigenza si affaccia sui banchi di scuola?

Uno dei motivi è lo stress che incombe su ogni famiglia e di riflesso su ogni bambino, che ne subisce gli effetti e ne risulta agitato, arrabbiato, iperattivo, aggressivo, con poca attenzione e incapace di empatia nei riguardi degli altri. Da qui l’attenzione anche ai fenomeni quali bullismo in cui si osserva sia il cosiddetto bullo che il bullizzato.


Cos’è l’emozione?

L’emozione è un movimento interiore, una risposta psicofisiologica correlata ad uno stimolo specifico interno o esterno. Le emozioni fanno parte di un patrimonio arcaico che ha garantito la sopravvivenza dell’individuo e della specie. Esse si sviluppano fin dalla vita intrauterina con il ritrarsi o scalciando, ma non sempre hanno una integrazione armonica con la personalità e ciò determina situazioni che non portano al benessere psicofisico dell’uomo. Focalizzo così la mia attenzione sulla rabbia o collera nei bambini, in quanto per me oggetto di osservazione quotidiana e incute più timore sia nei genitori che nelle figure educative per cui è necessario trovare spunti di riflessione nell’approccio alla gestione della rabbia del bambino. In fondo i bambini sono gli adulti di domani, con le loro insicurezze, con le loro paure ma anche con le loro risorse.


Come è fatta un'emozione?

L’emozione ha una componente fisiologica, cognitiva, motivazionale e comunicativa, sia a livello individuale che sociale. È un impulso ad agire in relazione a situazioni quotidiane spesso difficili da gestire ma altamente importanti. Ogni singola emozione ha un ruolo unico, speciale e prepara il corpo ad una specifica risposta .

Spesso mi ritrovo ad assistere a manifestazioni di rabbia mirate a far del male ad un altro bambino o all’insegnante stessa. Non passa inosservata e ha un effetto in chi osserva, in chi la produce e in chi ne è il destinatario con una reazione forte e spesso negativa. Il bambino arrabbiato urla, strepita, si butta a terra, scalcia, ma perché?

Le cause possono essere un’educazione troppo rigida o troppo permissiva, traumi, cambiamenti improvvisi, tensioni familiari, stress, modelli comportamentali familiari contraddittori. C’è la consapevolezza generale che la rabbia sia un’emozione determinante per la crescita e, per questo non va repressa, ma nel momento in cui si presenta, coglie di sorpresa e non si sa come reagire. Qualunque bambino, anzi, chiunque, può provare rabbia senza manifestare comportamenti aggressivi e violenti.


La rabbia

La rabbia è una emozione che nasce da dentro e può andare verso fuori e diventare fonte di comunicazione con gli altri e di cambiamento relazionale: diventa un ponte che aiuta a trasformare le relazioni sintonizzandole con i bisogni della persona. Spesso associata al conflitto la rabbia, se riconosciuta e gestita, può essere stimolante e preziosa. Importante per lo sviluppo emotivo e sociale dei più piccoli, che però sono i primi a spaventarsi di questo malessere che li invade e devono riuscire a comunicarlo. Spesso l’adulto ha paura che la rabbia del proprio bambino si trasformi in aggressività ed in violenza, ma ciò succede, quando crescendo, hanno assistito o subito azioni violente o se hanno forti carenze relazionali.



Il pedagogista Daniele Novara, direttore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, ritiene che anche la “carenza conflittuale” può portare all’uso della violenza da grandi. I bambini che non sperimentano il gestire un conflitto, che non imparano a sentirsi fragili di fronte alle critiche, ad usare un linguaggio verbale per comunicare, che non affinano la capacità di mediazione per risolvere il problema, che non imparano a regolare le proprie emozioni e che non distinguono il problema dalla persona, non sapranno interagire con gli altri e useranno atti di bullismo o di violenza o, al contrario, saranno spesso vincolati ad un ruolo di vittima. Il bambino molto arrabbiato non riesce a mettersi nei panni degli altri e la sua unica scelta è attaccare. Il bambino va aiutato a regolare le emozioni e lo

stress.


Va da sé che bambini che si sentono felici, coccolati ed amati tendono a manifestare minori atteggiamenti impulsivi e aggressivi verso gli altri. La gratificazione per un bambino arrabbiato è sicuramente molto più produttiva che la svalutazione o la punizione. La scarica motoria che si manifesta nel bambino arrabbiato attraverso l’urlare, lanciare oggetti, scalciare porta ad allentare la tensione ristabilendo l’equilibrio dell’organismo. La scarica motoria che segue un attacco di rabbia è fondamentale e va dirottata verso manifestazioni corporee come il saltellare. Il bambino vive intensamente rabbia, gelosia e invidia nei confronti dei genitori, la cui reazione determina il corso dello sviluppo normale o patologico del proprio figlio. Infatti se il bambino manifesta la sua rabbia e i genitori reagiscono con punizioni, repressioni eccessive o con reazioni ambigue, la rabbia diventa aggressività e violenza. Contemporaneamente il bambino prova forti sensi di colpa per questi suoi sentimenti verso i genitori e desidera essere punito e se ciò avviene aumenta la sua rabbia. Una risorsa che aiuta il piccolo ad agire la sua rabbia è il “gioco simbolico”. Attraverso cui può così dare sfogo alla sua distruttività e creatività, distrugge le bambole, i giocattoli, inscenano i mostri e aggressioni di notevole violenza. Anche le fiabe, attraverso l’identificazione, sono di aiuto proprio perché ricchi di rapimenti, divoramenti, assassini fino a quando il conflitto si risolve e c’è il lieto fine. Ma quando la rabbia rimane repressa tale che la persona non la riconosce e non la elabora sfocia in rabbia verso se stessi, abbassa l’autostima, l’insicurezza cresce, così come la percezione di sentirsi sbagliati, depressi e negativi. La rabbia è l’emozione che guarisce, ma per essere tale, è necessario distinguerla dall’eccesso di collera e furore. La collera è un'azione distruttiva che tende a fare del male e a danneggiare un’altra persona.


L’attacco si rivolge verso una persona innocente, indifesa o un bambino. È incontrollabile e si espande quando una persona sente che il suo potere è limitato ed ostacolato. Se un bambino si oppone con ostinazione ad una richiesta del genitore, potrebbe attivare in lui un eccesso di collera che blocchi l’atteggiamento del piccolo portandolo a sottomettersi. L’accesso di collera del genitore e la sua impotenza nel non gestire l’opposizione del proprio figlio, risale a quando lui stesso da piccolo è

stato sottomesso e bloccato dalla paura. La rabbia del genitore è stata repressa ed ora esplode ed agita su un essere indifeso. Un bambino maltrattato alimenta una rabbia sepolta dalla paura e diventa carica omicida. Il furore è il sentimento estremo della rabbia e distrugge tutto ciò che ha davanti. La paura di questa rabbia incontrollabile immobilizza la persona tanto da bloccare il corpo congelandolo. Il congelamento del corpo è la caratteristica fisica dell’odio. Si prova odio dopo aver tanto amato qualcuno da cui si è stati traditi e per difesa si proietta l’odio verso uno sconosciuto o una persona non intima, in quanto sarebbe insopportabile consapevolizzare di odiare la persona amata o parti di noi stessi. Il congelamento del corpo può essere modificato attraverso proprio il calore insito nella rabbia, ma se nel bambino questa viene frenata egli sarà un adulto paralizzato.


La rabbia bloccata e repressa non scompare, rimane viva nella profondità dell’anima e può essere manifestata verso gli indifesi, oppure radicarsi nel corpo creando delle contratture muscolari che provocano non poco dolore e sofferenza. La rabbia è un forza vitale che può avere una grande capacità curativa. I bambini sentono la rabbia e sono pronti ad esprimerla quando sono frustrati o quando sentono dolore. Proprio perché non hanno la forza dell’Io e la forza muscolare per sostenere la forte eccitazione, la rabbia esplode immediatamente.


Crescendo imparano a contenere la rabbia e a non scaricarla immediatamente. Imparano anche ad esprimerla con le parole o con lo sguardo. I traumi del passato con i propri genitori non possono e non devono essere agiti nel presente. Il proprio genitore probabilmente non avrà avuto le risorse a cui attingere per poter gestire e far esprimere la rabbia del figlio. Un genitore che è in grado di gestire l’ostilità del figlio senza mortificarlo e senza paralizzarlo farà in modo che il bambino si senta libero di sentire e agire senza distruggere o bloccarsi e riceverà dal figlio amore autentico. La rabbia per la sua forte irruenza è di impatto. Ci sono bambini che gestiscono il conflitto col compagno che gli strappa il gioco preferito dalle mani col pianto o spinte o morsi o protestando oppure scalciando e urlando senza un apparente motivo. Le bambine tendono a chiudersi in se stesse, i maschietti ad avere reazioni dirette ed esplicite come calci e morsi.




Cosa succede ai genitori?

I genitori

rimangono spaventati e/o tendono a giustificare e sottovalutare tali atteggiamenti. Ciò che coglie la mia attenzione è che sicuramente oggi i genitori sono più attenti al benessere emotivo dei propri figli, pur reagendo con sculacciate o con rimproveri in cui il tono di voce tradisce una paura e sfiducia nel gestire manifestazioni rabbia. Allo stesso tempo, negli ultimi anni, ho notato un aumento di numero di bambini che manifestano rabbia quotidianamente, reiterando comportamenti che ledono la propria e altrui incolumità. Il bambino, sente guarda, tocca e respira il modello genitoriale e delle figure educative. È per questo importante avere chiara la prospettiva che la rabbia è vitale, non va repressa, ma gestita attraverso l’ascolto, con calma e fermezza. Inutile rimproverare un bambino con discorsi troppo complessi e non alla portata della sua comprensione, ma un contenimento fisico nel caso di una rabbia estrema ed un ‘no’ chiaro in risposta ad una richiesta non accettabile possono aiutare il piccolo a capire che ciò che prova non è sbagliato, ma sbagliato è il suo modo di rappresentarla. Racconti, musica e movimento, libri possono aiutare l’adulto in questo viaggio verso la vita e la crescita. Il genitore va accompagnato a riconoscere le emozioni del figlio e le proprie, ma anche le figure educative necessitano di una alfabetizzazione emozionale: conoscere, riconoscere e accettare la paura, disinnescare la collera o comprendere il pianto di un bambino lo aiuteranno a crescere libero e sereno.






Dott.ssa Tiziana Arci - Psicologa e insegnante

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