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Immagine del redattoreValerio Imondi

Game of thrones: aiuto psicologico per elaborare il lutto.

Aggiornamento: 23 mag 2019



Il trono di spade è un fenomeno sociale che coinvolge ed ha coinvolto milioni di persone in tutto il mondo, grandi e piccini, uomini e donne; ora è terminato, ci è sembrato opportuno allora, maneggiare insieme il senso di una fine così importante.

Su Internet sono stati chiamati in causa gli psicologi per elaborare i sentimenti e le emozioni dovuti alla fine della famosa serie del Trono di Spade; c’è chi ha trovato ridicola questa richiesta, chi segretamente ci ha pensato, in qualche modo desideriamo rispondere a una domanda che immaginiamo contenere un significato simbolico profondo. Il trono di spade è un fenomeno corale che unisce molti, anche chi non ha assistito, chi ha resistito al fenomeno di massa e chi invece come me lo segue da quasi dieci anni.



Gli schieramenti, analisi della domanda e reazioni dei Fan:


Posso stare ancora un po’ con te?


Una delle reazioni più comuni alla 8^Stagione della serie è quella di chi ha contestato le scelte tecniche degli sceneggiatori, c’è chi ha considerato la stagione troppo frettolosa e incongruente. Alcuni passaggi sono stati risolti in maniera inadeguata e il fan sembra proprio non aver digerito il fatto di aver pazientemente assistito a 8 stagioni per aver visto la fine del Re della Notte in maniera così sbrigativa. In più ha avvertito la noia della prima e della quarta puntata, che a suo dire non aggiungono fatti rilevanti alla narrazione, oppure che i fatti narrati seguono una linea troppo “semplicistica”.

In realtà cosa c’è nel cuore di questo fan? La rabbia dell’aspettativa, ogni spettatore della serie immaginava da anni la fine di un’epoca costituita da intrighi e colpi di scena, segreti e svolte e la linearità di questo percorso probabilmente erano desiderate in maniera più diluita all’interno della narrazione.

Credo che nel cuore di questa tipologia di fan (che è anche il più fedele e leale alla serie) covasse il sentimento di rimanere ancora un po’ con i suoi personaggi preferiti, una fine più degna per gli acerrimi nemici e una scelta legittima per l’eredità del trono di spade.


Non dimentichiamoci che questo è il gioco dei troni, dalla morte di Ned Stark abbiamo ben radicato il sentimento che non ci si possa affezionare ai personaggi e alle tempistiche che ci aspettavamo. In più la scelta degli sceneggiatori è una drastica e ineluttabile strategia di chiusura, una morte senza agonie, una dipartita inesorabile. Così è andata, non si può riscrivire il passato.


Purtroppo credo che sia questo che abbia sconvolto, l’8^ stagione di GOT è una fine, una fine vera e proprio, scaturita da un bel rapporto che è durato 9 anni, questo è ciò che forse lo spettatore non accetta, che questo bel “compagno di viaggio” ha deciso di lasciarci, dopo l’ultima cena insieme, dopo l’ultima battaglia e ora la sua guardia è finita.


Io non guardo il trono di spade!


Il popolo di Internet per cui non è mai scattato l’amore con tale serie, ha preso le distanze, stufo di scorrere le opinioni mainstream di un racconto al quale egli non ha dedicato alcun tipo di sentimento (se non ostilità).


Caro non Fan del trono di spade, cerca di capire la potenza di tutto questo, Game of thrones ha accompagnato anni della vita di molte persone, è una favola moderna e come tale dètta una morale così attuale che per molti è un valore.


Lo spoileratore


Una categoria che umanamente ha infastidito molti, associabile al troll dei social, esistono però due spoileratori, chi non riesce a resistere nel condividere con la piazza dei social l’enorme emozione che ha provato e chi invece cerca di espletare la propria dose di sadismo e aggressività quotidiana rovinando le attese e l’importanza che questa serie costituisce. Lo spoileratore opera con lo stesso divertimento del bullo e in un reazionismo digitale, di questo si tratta.




Cos’è stata per noi la fine del Trono di Spade?


Abbiamo bisogno di Eroi


Inutile fare finta di niente, questa primavera è stata segnata da due fini importanti, quella del filone Marveliano degli Avengers e quella della nostra amata serie succitata.


Perché ridicolizzare o razionalizzare i sentimenti che abbiamo provato durante questi eventi? Non sono essi forse reali? Non è tristezza quella che hai provato? Non è un magone e un nodo alla gola quello che hai tenuto?


Le favole che ascoltavamo da bambini, creavano valori morali e sentimenti, i personaggi delle storie hanno rappresentato un percorso attorno al quale si sono sviluppate le nostre scelte, direttamente o indirettamente, Quando nel 1941 durante la prima guerra mondiale le truppe americane si sentirono in dubbio, impaurite e spaventate di fronte alla guerra imminente, si sentì il bisogno di creare un simbolo invincibile che desse forza alle truppe, al popolo in generale e sorreggesse le speranze di chi si fosse chiesto il perché di tanto dolore e nacque così Capitan America.

Così è per questa saga moderna, in un periodo storico governato dalla paura e dalla rabbia, abbiamo stretto forte i nostri eroi, perché è di essi che abbiamo bisogno.

Questa necessità non ci rende meno maturi, non ci rende più infantili, lascia solo intravedere che abbiamo bisogno talvolta di un sostegno, di una guida e di qualcuno di fronte a noi nel nostro viaggio che ci sproni a proseguire.

Desideriamo tenere talmente vicino il nostro eroe che fin da bambini introiettiamo, lo facciamo nostro, lo inglobiamo, giochiamo a essere Superman, Batman o Jon Snow, perché lui ce la farebbe.


L’introiezione è un processo psichico per cui si tende ad accogliere in sé oggetti o aspetti del mondo esterno, appropriandosi delle rispettive doti o qualità, vere o presunte.

All’interno del nostro mondo interno si crea vivido un racconto che modificherà le nostre azioni e le nostre scelte, si crea un’ombra fantasmatica che come Freud insegna,ci accompagna come quando ci si innamora e come quando ci si affeziona. Non importa se i personaggi siano reali o immaginari, è il fatto di averli generati psichicamente che stipula il legame, è il fatto di poterli vivere dentro di noi che ce li fa amare.


Se quindi, come me, alla fine della serie, hai sentito un senso di disorientamento, di vuoto e di tristezza, non ti biasimare, da qualche parte dentro di noi sono morti i nostri eroi e gli altri sono in esilio.


Abbiamo bisogno della Fine


È doloroso lo so, ma la fine è un processo naturale del percorso vitale e non importa se sia reale o immaginaria, una fine è una fine.

Il gioco è una cosa seria.

Siamo una società che tende a immortalizzare, nemmeno la morte fisica di un individuo decreta una vera fine e si procrastina il fantasma dell’esistenza sui social network, per cui attraverso i ricordi e i pensieri degli amici e dei parenti, si continua a far vivere il profilo e l’identità digitale di quella persona.

A chi serve davvero creare così tanti fantasmi digitali? È una presenza reale quella che aleggia tra le pagine del web?

La morte è inesorabile e determina la fine delle novità, la fine delle aspettative, la fine è ineluttabile, ovvero senza possibilità di terminarla, di porvi un lutto.

Non è nelle nostre abilità (per fortuna) rendere immortale ed è un tentativo contro natura. Ciò che desta dolore è anche la consapevolezza di essere passati ad un’era matura della nostra esistenza fisica. È necessario che il dolore di una fine venga elaborato e risolto, poichè negare o non accettare l’accaduto, oltre a creare patologie come ansia e depressione, genera un irraggiungibile fantasma, incatenato nelle gabbie dei nostri racconti interni.


C’è ancora una speranza


Non desidero lasciare il lettore con questo senso di irrisolutezza e desidero accogliere seriamente i sentimenti che coltiva nel profondo.

Ti invito quindi a considerare con la massima serietà cosa stai provando e cosa hai provato con la fine di Game of Thrones, quali associazioni hai fatto, quando nella tua vita ti sei sentito così e cos’è che ora ti sta mancando.

Poni una fine a questo capitolo e godi con gioia di questo percorso che seppur fiabesco e fantasioso, hai sostenuto con tanta cura e attenzione, questa è una tua qualità.

Nel caso, non riuscissi a trovare un senso, non alla fine di una serie televisiva, ma a questi sentimenti che nonostante il tuo raziocinio e le tue convinzioni SONO REALI, cerca di convertirle in qualcosa di maturo e descrittivo del tuo modo d’essere e della sensibilità dei tuoi stati emotivi.

Culla e consola il bambino dentro di te, il quale sente che è finita un’epoca, che gli eroi hanno avuto la loro dipartita e ora è necessario che faccia tesoro di quelle immagini e di quei racconti, rimaneggiandoli e assorbendoli nei valori all’interno del suo percorso vitale… almeno fino alla prossima grande epopea.


…E se proprio non sai più cosa fare senza Game of Thrones, hai ancora una strada da percorrere, hai ancora una speranza, puoi cominciare a leggere i Libri delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e le gesta di Daenerys, di Jon, di Arya, di Tyrion continueranno a cullarti in quell’angolo illuminato da una lucetta sopra il letto dove il tuo bambino interiore si sta per addormentare.


Dott. Valerio Imondi – Psicologo Clinico e Digitale


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