"Innamorarsi è raro, ma non difficile. La vera impresa è conservare quel sogno d’amore anche dopo la sua trasformazione in realtà. Perché se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola.”
Questo pensiero di Massimo Gramellini, racchiude in poche parole, una riflessione fedele sulla realtà che oggi giorno tutti noi viviamo, ovvero la ricerca di una persona con la quale condividere sogni e problemi, difficoltà e risate che non ci abbandoni per nulla al mondo. Accade però che ciò che ha permesso a due persone di incontrarsi e di innamorarsi, cambi e le conduca a strade diverse. Può capitare che “si resti amici” oppure che la reazione a questi cambiamenti non abbia nulla a che fare con l’amicizia e prenda colorazioni di odio e di vendetta.
Una pratica molto diffusa, è quella del cosiddetto “Revenge Porn” ovvero la diffusione di materiale pornografico o sessualmente esplicito, attraverso i canali dei social network , ad esempio Facebook, Twitter o Instagram, il cui soggetto sono persone, nel maggior numero dei casi donne, ignare di tale pubblicazione.
Prima di approfondire questo fenomeno è il caso di introdurre un’altra pratica molto diffusa, che a parere di chi scrive si pone come antecedente a quella del revenge porn, ossia quella del “Sexting”.
Il termine “Sexting” deriva dall’unione di due parole inglesi “Sex” (Sesso) e “Texting” (Inviare un messaggio).
Si definisce sexting l’invio e/o la ricezione e/o la condivisione di testi e contenuti multimediali a tema sessualmente esplicite o inerenti la sessualità. Spesso il materiale condiviso viene realizzato con lo smartphone e con questo diffuso attraverso siti internet, social network, e-mail, chat e simili.
Spesso tali contenuti, anche se inviati ad una sola persona, si diffondono in modo incontrollabile e possono creare seri problemi, sia personali che legali, alla persona ritratta o a chi li ha condivisi senza il suo consenso. Inoltre l’invio di foto che ritraggono soggetti al di sotto dei 18 anni in pose sessualmente esplicite si configura come reato di distribuzione di materiale pedopornografico.
Secondo uno studio commissionato nel 2009 dal Center di Washington, il sexting può essere suddiviso nelle seguenti tipologie:
• Scambio di immagini e testi solamente tra due partner;
• Scambi di immagini e testi che non coinvolgono solo i due partner ma sono condivisi con altri soggetti estranei alla relazione;
• Scambi di immagini e testi tra soggetti che non intrattengono ancora una relazione ma dove almeno una delle due parti desidera averla.
La ricerca e le indagini psicologiche e sociologie, condotte sul fenomeno del sexting sono molteplici e permettono di delineare maggiormente le dimensione di un fenomeno diffuso in tutto il mondo sia tra adolescenti che tra gli adulti.
Molti degli studi in questi sono stati condotti negli Stati Uniti. Il dipartimento di psicologia dell’Università dello Utah, nel 2012, ha condotto uno studio su circa 600 adolescenti. Tra i risultati emersi si evidenzia che:
• circa il 20% dei partecipanti allo studio affermava di aver prodotto ed inviato almeno una propria immagine a contenuto sessualmente esplicito;
• il 37% dei partecipanti aveva ricevuto immagini a contenuto sessualmente esplicito;
• un quarto degli intervistati aveva condiviso le immagini ricevute e di questi quasi un terzo lo aveva fatto pur essendo consapevole dell’illegalità di tale atto e delle sue conseguenze.
Tra gli adulti la situazione cambia ma di poco.
Un’indagine del 2009 su 1.247 intervistati evidenzia che il 13% delle donne e il 9% dei maschi avevano inviato una foto di nudo o un video di se stessi nudi o semi-nudi.
Nel novembre 2015 McDaniel e Drouin hanno pubblicato un interessante studio che ha esaminato un campione di coppie sposate o conviventi (180 mogli e 175 mariti). I dati raccolti evidenziano che gli adulti sposati o conviventi praticano sexting con il partner, inteso come conversazioni a sfondo sessuale o intimo (nel 29% dei casi) o come invio di foto o video sessualmente espliciti (nel 12% dei casi).
L’invio di messaggi e di immagini a sfondo sessuale pur essendo positivamente correlato a un rapporto soddisfacente con il partner, viene vissuto come appagante dagli uomini, mentre per le donne si collega con alti livelli di ansia.
Dagli studi riportati è possibile trovare un elemento comune sia ai giovani che agli adulti, ovvero la diffusione di contenuti sessualmente espliciti non viene riconosciuta come un problema ma piuttosto come una semplice modalità di relazione.
Glia adolescenti sembrano non essere consapevoli che il materiale pedopornografico che scambiano, potrebbe arrivare in mani sbagliate e causare gravi conseguenze emotive e legali sia per i protagonisti delle immagini o dei video, sia per se stessi e la propria famiglia.
Pur volendo considerare il sexting come una ricerca di una identità sessuale, mediata dall’elemento telematico, che grazie ad una sempre maggiore familiarità ed esposizione a contenuti sessualmente espliciti supera gli sbarramenti che potrebbero esistere nella vita reale, questa rimane una pratica pericolosa che nel peggiore dei casi può trasformarsi in un’arma con la quale vendicarsi.
Vendicarsi perché si è stati lasciati, oppure perché il rapporto esistente al momento dell’invio dei file si è deteriorato. È questo il caso del revenge porn.
Come già scritto con il termine revenge porn si fa riferimento alla diffusione di immagini che ritraggono parti intime dell’ex partner, per vendicarsi di essere stati lasciati.
A parere di chi scrive il revenge porn è una conseguenza del sexting, che come si è appena letto, coinvolge anche individui che non hanno una relazione. In questi casi, le foto scambiate, possono diventare virali sui gruppi WhatsApp in pochissimi secondi.
La pratica del revenge porn mette in luce elementi caratteristici del sexting quali:
• Fiducia: chi invia proprie immagini o video sessualmente espliciti si fida della persona a cui sta inviando il materiale, mostrando una scarsa consapevolezza che quello stesso materiale, potrebbe essere diffuso senza il proprio consenso.
• Pervasività: gli smartphone permettono di condividere le foto proprie o altrui con molte persone contemporaneamente, aumentandone la diffusione online;
• Persistenza: il materiale pubblicato può rimanere disponibile online anche per molto tempo e chi lo invia spesso non è consapevole che una foto o un video diffusi in rete potrebbero non essere tolti mai più;
• Non consapevolezza: chi invia immagini sessualmente esplicite spesso non è consapevole di scambiare materiale pedopornografico, nel caso di minori, o di compiere un atto di violenza penalmente perseguibile.
In alcuni casi, le persone vittime di revenge porn hanno avuto molte difficoltà a superare l’evento, come documentano alcuni fatti di cronaca diventati tristemente famosi. Pubblicare immagini intime dell’ex fidanzata o dell’ex fidanzato (con le donne che sono le principali vittime del revenge porn) non solo è illegale, ma può portare la persona a dover scontare anche diversi anni di carcere e a pagare i danni d’immagine e psicologici all’ex partner.
Il 2 aprile 2019, la Camera dei Deputati ha approvato delle “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” introducendo nel codice penale l’art. 612-ter. Scopo di tale disposizione è inquadrare la pratica del revenge porn come atto persecutorio e cosi contrastare i fenomeni di violenza, anche morale nei confronti delle donne, che sono le vittime maggiormente colpite.
Fortunatamente difendersi dal revenge porn è possibile.
Se veniamo a conoscenza dell’esistenza di una foto sessualmente esplicita, presente su una piattaforma on line possiamo:
1. Contattare immediatamente l’amministratore del sito internet
Cercare di convincere l’autore del reato a cancellare l’immagine, nella maggior parte dei casi è inutile. Le principali piattaforme social offrono la possibilità di segnalare dei post con contenuti hard e che non rispettano la netiquette del social network.
2. Denunciare l’accaduto alla Polizia
Dopo essere riusciti a far eliminare le immagini dal sito internet o dal social network, è necessario andare dalla Polizia per denunciare l’accaduto. Oltre ad essere un passaggio fondamentale per tutelarsi da eventuali ri-pubblicazioni e per punire il colpevole del reato, la denuncia dell’accaduto permette di proteggere altre persone dal revenge porn. È necessario sapere che per poter denunciare l’accaduto bisogna produrre un documento con tutte le immagini, i post pubblicati e i relativi i commenti, effettuare “screenshot” dei messaggi ricevuti dopo che le immagini sono state pubblicate. Questo passaggio può imbarazzare la vittima, la quale potrebbe sentirsi vittima di ulteriore violenza ma resta un elemento necessario a provare la colpevolezza dell’autore del reato.
3. Assumere un’agenzia specializzata
Le immagini, una volta pubblicate online, impiegano pochissimo tempo a diffondersi diventando visibili a chiunque. Per questo motivo è consigliabile assumere un’agenzia specializzata che le faccia rimuovere da ogni sito web dove sono state pubblicate.
Ma il principale fronte di riflessione e di spunto è che sembrano mancare azioni educative o anche correttive, da parte delle famiglie e delle istituzioni scolastiche che dovrebbero agire a loro tutela, così come sembra che i giovani non siano informati sulle conseguenze delle loro azioni e di quanto queste alimentino un fenomeno, quello del revenge porn, odioso quanto violento per le vittime e le loro famiglie.
In conclusione il Sexting è oggi una pratica largamente diffusa, probabilmente perché permette di avere una maggiore sicurezza che al momento dell’incontro segua quello dell’incontro sessuale o forse perché l’uso del cellulare permette una maggiore fiducia e senso di intimità, sensazione che deriva dal l’illusione dell’anonimato, illusione destinata a crollare quando il partner mette in atto la sua vendetta.
Bibliografia
Donald S. Strassberg, Ryan Kelly McKinnon, Michael A. Sustaíta e Jordan Rullo, 2012, University of Utah
Associated Press e MTV (2009)
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